Analisi I Fuga dal clavicembalo ben temperato di Bach



La prima fuga dalla clavicembalo ben temperato di Bach è in do maggiore e a quattro voci. La composizione si apre presentando il tema con una sola voce, che procede con un’ascendenza per gradi congiunti seguita da due quarte ascendenti separate da una quinta discendente, prima di iniziare la digressione semicrome per gradi congiunti sulla quale fa la sua apparizione la seconda voce riproponendo il tema sul quinto grado e procedendo in moto contrario rispetto alla prima voce.

Dopo esattamente una battuta in mezzo (spazio nel quale viene riproposto il tema) si aggiunge al dialogo una terza voce, che risponde il canto della seconda un’ottava più in basso riproponendo il caratteristico gioco tematico. Ancora una volta vediamo ripetersi lo stesso schema: le tre voci dialogano durante tutta la durata del tema (una battuta e mezza) per poi farsi accompagnare dalla quarta e ultima voce, appartenente al registro più grave, che entra maestosamente sul primo grado un’ottava sotto.

Le voci continuano la loro fuga rincorrendosi per moto contrario: mentre la prima voce (d’ora in avanti il contralto) prepara il nuovo ingresso al tema del soprano spostandosi sulla dominante, il tenore si sposta sul secondo grado, il basso rimane sulla dominante e il soprano sul settimo grado componendo l’accordo del sol maggiore, su cui si posano tutte le voci meno che il basso che fiorisce nella progressione per semicorme discendente del tema fino a cadere sul terzo grado dove interviene in supporto il tenore che cade sul quinto.

Per completare la triade maggiore do manca solo il primo grado che arriva dal soprano in controtempo mentre ripropone ancora una volta il gioiello tematico nel registro acuto.

A questo punto si conclude l’introduzione e la presentazione del tema, esso, infatti, è stato cantato una volta da tutte le voci (in ordine contralto, soprano, tenore e basso) e entriamo in pieno sviluppo.

È interessante osservare come l’unità tematica fondamentale sia composta da una battuta in mezzo, quindi il primo periodo musicale si conclude ad un multiplo esatto: dopo sei battute, suddivisi in due fasi di tre battute l’una: nella prima fase si presentano le voci alte, il contralto e il soprano; nella seconda delle voci basse, il tenore e il basso.

Allo svettare dei soprani con il tema si appressano i tenori, che lo ripetono sul quinto grado dopo appena una semi minima.

L’armonia è dinamica: passiamo dalla triade di La minore a quella di Sol maggiore a quella di Mi bemolle maggiore per tornare in La maggiore e a Sol, il tema del soprano viene allungato di mezza battuta dalla ripetizione un tono sopra della sua ultima parte per poter cadere sul Fa, dove entra controtempo il contralto sul quinto grado.

Ora interviene il basso, seguito, a distanza di una semiminima, dal contralto, che si intreccia elegantemente con il soprano mentre il tenore tace, in attesa di entrare sul terzo grado dopo la modulazione in La minore, mentre il contralto procede con una discendenza cromatica riproposta poi nell’acuto dal soprano per chiudere modulando definitivamente in La minore.

Sulla battuta 13 si fermano il soprano, il tenore e il basso, mentre il contralto si accinge a esporre nuovamente il tema sulla cronica do maggiore. Si mettano il soprano del basso lasciando per una battuta giocare da soli il contralto il tenore, che risponde sulla dominante intervenendo con una semi minima di ritardo.

Rientrano anche il basso la battuta seguente e poi il soprano sul levare dell’ultimo quarto. La tonalità gioca tra le triade di Mi minore, Re maggiore, La minore e Mi maggiore. Il tema viene ripetuto dalle varie voci con intervalli di tempo sempre più stretti, che accrescono, assieme alla modulazione in la minore, la tensione: basti vedere come nel giro di queste prime tre battute della seconda parte il tema sia riproposto ben sei volte, sfociando in un climax nella battuta 17, che inizia con la triade di La minore e culmina sul Re di basso e soprano nella battuta 19.

Da qui lo sviluppo prosegue per altre quattro battute in cui il tema viene cantato una volta da ogni voce, seguito da una brevissima cadenza che ci porta nella tonalità di Do maggiore passando per Fa minore e la triade diminuita sul settimo grado al termine della battuta 21.

La fase finale della fuga inizia battuta 24, dove il basso intona il Do che dura per tutte e quattro le battute finali e contrasta con il grande dinamismo presentato in tutto il resto della composizione, contralto o tenore cantano il tema mentre il soprano fiorisce in un cromatismo discendente prima di iniziare le ultime scale ascendenti all’epilogo.

In quest’ultimo spezzone della fuga abbiamo una modulazione in fa maggiore sol maggiore prima di concludere con l’accordo completo di do maggiore, su cui Bach disegna una corona.

Lorenzo Monacelli

Copyright o pirati?

“Certo, all’autore di un’opera letteraria, di una musica o di un film non piace che qualcuno se la scarichi da internet senza pagare una lira… però dobbiamo entrare nell’ordine di idee che questi nuovi strumenti cambiano anche il modo in cui si è remunerati per questo tipo di attività” (Stefano Rodotà, Garante della privacy)

Chi sono i pirati informatici?

È un pirata informatico chi scarica da internet contenuti protetti da copyright, illegalmente, rischiando di essere sottoposto a multe salatissime (a partire da 152 € fino a 1032 €).

Cosa vuol dire veramente copyright?

Quante volte ci troviamo davanti alle emblematiche parole “Tutti i diritti riservati”? Dietro i cd, nelle prime pagine dei libri, nei DVD, sulle riviste, persino su alcune pagine web.

Copyright è un patto stretto tra i cittadini e l’autore di un’opera; i cittadini alienano i diritti di vendere, modificare e sviluppare l’opera per un determinato periodo di tempo (in origine meno di 30 anni), durante il quale l’autore può trarre un vantaggio economico che gli consenta di produrre nuove opere (come potrebbe un autore vendere la propria creazione quando ne sono disponibili copie gratuite online?)

La pirateria informatica lotta contro i diritti d’autore. Perché?

Quando le aziende si sostituiscono agli autori, cambiano gli interessi. Copyright non deve più garantire i diritti ad un autore, ma ad una azienda, che ha come interesse arricchirsi, alle spalle di tutto e tutti.

Nato per promuovere il progresso, copyright si trasforma…

Adesso, infatti, perché un opera possa diventare patrimonio libero dell’umanità, accessibile, copiabile e modificabile da tutti, occorre aspettare “soltanto” 120 anni dalla sua pubblicazione. Non basta una vita intera, i diritti d’autore durano più di un secolo.

Volete sapere come si è arrivati fino a 120 anni, partendo da meno di 30? Avreste ragione…

… Siamo nel 1998, alla vigilia del 70 compleanno di Topolino, quando Mickey Mouse si apprestava a diventare patrimonio libero dell’umanità (Chiunque avrebbe potuto pubblicare una propria pellicola con Topolino come protagonista senza pagare nulla alla Walt Disney). Ecco promossa di tutta fretta la “Sonny Bono Copyright Term Extension Act” (Nota anche come “Mickey Mouse Copyright Extension Act”), una legge che dilata la durata dei diritti di autore dai 70 ai 90 anni.

Ma neanche questo obbiettivo è riuscito a saziare la sete d’oro delle grandi case cinematografiche Hollywoodiane, che hanno provveduto ad esercitare la loro influenza sul parlamento statunitense per estendere la durata del copyright fino a 120 anni.

La conseguenza?

La canzone “Happy birthday to you”, pubblicata nel 1935, ancora oggi frutta all’azienda Warner/Chappell Music, detentrice dei diritti di autore fino al 2030, circa 2.000.000 di dollari annui. L’ultima delle sorelle Hill, autrici della celebre canzoncina, è morta nel 1946.

Chi è il criminale: il pirata che scarica illegalmente il semplice motivetto per le feste di compleanno, o l’azienda che sottrae, senza offrire alcun servizio, 2.000.000 di dollari annui ai cittadini?

Le lotte dei pirati vanno avanti da moltissimo tempo, capitanate dal celebre hacker Richard Mattew Stallman, programmatore e fondatore della Free Software Foundation e del GNU System, la base del sistema operativo GNU/Linux (Il sistema operativo gratuito, più veloce e più sicuro).

Programmatore dal 1960 nel Massachusetts institute of Technology, Stallman ha dedicato la vita a lottare contro i diritti d’autore, specialmente in campo informatico, e ha inventato l’etica del software libero e open source.

Copyleft, o permesso d’autore, è la risposta dei pirati a copyright. Una licenza copyleft, come Creative Commons (http://creativecommons.org), permette a qualunque utente di sfruttare, regalare, modificare, o curiosare nel codice sorgente dell’opera. E spesso queste opere gratuite e libere, proprio perché sviluppate da moltissimi utenti contemporaneamente, superano di qualità le “opere” commerciali. Un esempio?

Linux, meno conosciuto, ma sicuramente migliore sotto tutti i punti di vista di Windows, ha subito uno sviluppo vertiginoso, tanto che al giorno d’oggi ne esistono più di mille versioni differenti, tutte molto valide e utili per i più stravaganti usi.

La lotta dei pirati (chi di voi non ha mai scaricato da internet materiale protetto da copyright?) è destinata a vincere, perché è l’unica rivoluzione che si può compiere seduti su una sedia difronte ad uno schermo.

8 Gennaio, 1986. Un misterioso pirata pubblica sul web il Manifesto hacker. Il mantra dei pirati informatici:

Io sono un hacker: entrate nel mio mondo.

Avete mai guardato cosa c’è dietro gli occhi di un hacker, voi con la vostra mente pretecnologica e la vostra psicologia da due soldi?

Vi siete mai chiesti quali sono le forze che danno forma alla mia vita?

Ora questo mondo è nostro, ed è il mondo degli elettroni e dei circuiti, dominato dalla bellezza delle reti.

Noi esploriamo le frontiere della conoscenza e voi ci chiamate criminali.

Siamo una comunità che esiste a dispetto delle differenze razziali, della nazionalità e delle religioni, e voi continuate a chiamarci criminali. Siete voi quelli che costruiscono bombe atomiche, che dichiarano guerra ad altri Paesi, siete voi che uccidete, imbrogliate, ci mentite e provate a convincerci che lo fate per il nostro bene, ma alla fine i criminali siamo noi.

Si, io sono un criminale, e il mio crimine è la curiosità.

Il mio crimine è quello di giudicare le persone per quello che dicono e pensano, e non per le loro apparenze.

Il mio crimine è quello di essere più intelligente di voi, e questo non me lo perdonerete mai.

Io sono un hacker, e questo è il mio manifesto,

Potete fermarci individualmente, ma non potrete mai fermarci tutti.

”.

Quanto corriamo sul filo della Banda Larga?

Al di là del nome, al centro tutt’oggi di vari dibattiti sul vero significato della parola, il tema “banda larga” ha ormai conquistato tutte le nostre case. Nell’accezione comune significa “connessione ad alta velocità” (Superiore ai 20 Mbit/sec). La diffusione della banda larga è una stima del livello di sviluppo di un paese; consente infatti di aumentare la produttività delle aziende, indispensabile per attività quali teleconferenze, videochiamate, telelavoro, telemedicina, IPTV (Contenuti audiovisivi diffusi attraverso la rete), o all’avvio di attività a distanza.

L’Italia, per favorire lo sviluppo economico, aveva stanziato circa 763 milioni di euro per portare, entro il 2012, la banda larga in tutte le case della penisola. Il progetto ideato dall’allora vice ministro allo sviluppo economico Paolo Romani era troppo bello per essere attuato entro i tempi previsti, viene infatti bloccato nel Novembre del 2009. «Gli 800 milioni per il progetto Romani non ci sono più, la crisi ci spinge a riconsiderare le nostre priorità» afferma il vicepresidente del consiglio Gianni Letta.

Ma quale è adesso la situazione in Italia?

Di tutte le famiglie italiane, secondo una stima condotta dall’Osservatorio Banda Larga di Between, più del 40 % non dispone della connessione veloce, e addirittura il 12 % non dispone neanche dei 2 Mbit/sec, considerati la soglia minima per un paese moderno. Percentuali più alte d’Europa.

In Italia il problema si presenta però diviso per regioni: mentre nei grossi centri abitati come Roma ne abbiamo una grande diffusione, nelle campagne limitrofe di alta velocità e tariffe flat neanche a parlarne. Queste grandi divergenze territoriali prendono il nome di digital divide.

Il fenomeno non coinvolge solo il mezzogiorno: Le regioni più sviluppate sono infatti la Puglia, Lazio, Campania, Lombardia e Marche, e anche in queste regioni vi sono grandi differenze tra grossi centri, come Roma o Milano, e il contado.

Quali sono i guadagni che porta la lotta al digital divide?

Come detto la diffusione della banda larga è un indice di sviluppo economico, l’hanno capito bene paesi come la Finlandia, che da più di un anno offre a tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro collocazione geografica, un minimo di 1 Mbit/sec, limite che diventerà addirittura di 100Mbit/sec entro il 2015. Difficile fare un paragone con la disastrata situazione italiana.

In Italia un modello del genere sarebbe improponibile, non per problemi geografici, ma per la totale mancanza di conoscenza del problema. La maggioranza delle famiglie italiane non reputa internet necessario allo sviluppo del paese, e il governo non considera i soldi utilizzati per diffondere l’alta velocità di connessione come investimenti, ma come inutili spese.

Basti pensare che, sempre secondo una stima condotta dall’Osservatorio Banda Larga di Between, per ogni euro investito nella lotta al digital divide ne tornano quattro nelle casse dello stato.

Poi si parla di finanziaria…