Atmosfera in gabbia

Il super-cattivo di turno vuole escogitare un piano per distruggere il nostro pianeta, uccidendo tutte le forme di vita!
Vuole trovare un modo per disperdere l’atmosfera terrestre nello spazio, lasciando letteralmente “senza fiato” tutte le specie viventi sulla Terra.

Ma come può fare? L’atmosfera sembra ingabbiata dalla forza gravitazionale, che la
tiene ben incollata sulla superficie; bisogna trovare un modo per liberarla!

Esplosione del pianeta Namek (tratto da qui

Esplosione del pianeta Namek
(tratto da qui)

Un gas normalmente tende sempre ad espandersi occupando il massimo volume possibile, perché l’atmosfera non fugge via?

Per nostra fortuna raramente i super-cattivi conoscono bene la Fisica: andiamo
a scoprire come fa la Terra ad intrappolare l’atmosfera!

Immaginiamo di sezionare l’atmosfera in tanti gusci sferici, di spessore dr.
Su ciascuno di essi agisce la gravità del pianeta:

  \displaystyle  F = G \frac {M_t m_{ga}}{r^2}

Dove m_{ga} è la massa di gas atmosferico contenuto nel guscio sferico, M_t è la
massa della terra e r è la distanza del guscio dal centro del nostro pianeta.

La massa del guscio sferico è pari al numero di molecole contenute nel guscio,
ossia la differenza tra le molecole contenute in una sfera di raggio r + dr e
una di raggio r:

  \displaystyle  m_{ga} = m\left[N(r + dr) - N(r)\right] = m \frac{N(r + dr) - N(r)}{dr} \cdot dr

Dove m è la massa della singola molecola (supponiamo che il gas atmosferico sia fatto interamente di un tipo di molecola).

Dalla definizione di derivata si ottiene che:

  \displaystyle  m_{ga} = m \frac{dN}{dr} dr

Da cui la forza esercitata sul guscio sferico è pari a:

  \displaystyle  F = G \frac{m M}{r^2} \frac{dN}{dr} dr

Assumiamo di studiare un’atmosfera in equilibrio, la forza che agisce sul guscio
deve essere bilanciata dalla pressione esercitata dalle superfici esterne del
guscio:

  \displaystyle  F = -4\pi r^2 \left[P(r + dr) - P(r)\right] = -4\pi r^2 \frac{dP}{dr}dr

Dove 4\pi r^2 è la superficie del guscio, moltiplicata per la differenza di pressione tra superficie superiore e inferiore del guscio.

Sostituendo la forza ottenuta:

  \displaystyle  G \frac{mM}{r^2} \frac{dN}{dr} dr = - 4\pi r^2 \frac{dP}{dr}dr

Da cui otteniamo:

  \displaystyle  \frac{dP}{dr} = - \frac{GmM}{4\pi r^4} \frac{dN}{dr}

Questa relazione ci lega il numero di molecole con la pressione. Dobbiamo scrivere almeno un’altra relazione, come l’equazione di stato del gas perfetto:

  \displaystyle  PV = Nk_bT

Nel guscio sferico:

  \displaystyle  P(r) = \frac{N}{V} k_b T

Il volume è quello del guscio (V = 4\pi r^2 dr):

  \displaystyle  P(r) = \frac{dN}{4\pi r^2 dr} k_b T(r)

Adesso però abbiamo di mezzo anche la temperatura. Serve l’ultima relazione
che leghi pressione, temperatura e densità di particelle.

Supponiamo che la nostra atmosfera sia adiabatica, ovvero che ciascun guscio possa salire di quota o scendere di quota senza scambiare calore con l’esterno, mantenendo l’atmosfera in equilibrio.

In tal caso ciascun guscio deve anche rispettare la legge adiabatica:

  \displaystyle  P\left(\frac{V}{N}\right)^\gamma =\frac{1}{C}

Dove C è una generica costante.

  \displaystyle  C\cdot P(r) =\left(\frac{dN}{4\pi r^2 dr}\right)^\gamma

Ricaviamo \frac{dN}{dr} e sostituiamolo nella prima equazione:

  \displaystyle  \frac{dN}{dr} = 4\pi r^2 \left[C P(r)\right]^\frac 1 \gamma

  \displaystyle  \frac{dP}{dr} = - \frac{GmM}{4\pi r^4} \frac{dN}{dr} = - \frac{GmM}{4\pi r^4}\;4\pi r^2 \left[C P(r)\right]^\frac 1 \gamma

  \displaystyle  \frac{dP}{dr} = - \frac{G m M}{r^2}C^\frac 1 \gamma P^\frac 1 \gamma

Chiamiamo tutte le costanti \alpha per semplicità:

  \displaystyle  \alpha = G m M C^\frac 1 \gamma

E risolviamo l’equazione differenziale in P:

  \displaystyle  \frac{dP}{P^\frac 1 \gamma} = - \alpha \frac{dr}{r^2}

  \displaystyle  \int_{P_0}^{P(r)}\frac{dP}{P^\frac 1 \gamma} = - \alpha \int_R^r\frac{dr'}{{r'}^2}

L’integrale si estende a partire dal raggio terrestre (dove la pressione è quella sulla nostra terra pari a 1 atm),
fino alla quota r (distanza dal centro della terra, che si troverà a pressione P(r) \le P_0.

  \displaystyle  \left[\frac{P^{- \frac 1 \gamma + 1}}{ 1 - \frac 1 \gamma}\right]_{P_0}^{P(r)} = \frac{\alpha}{r} - \frac{\alpha}{R}

  \displaystyle  P(r) = \left[P_0^\frac{\gamma - 1}{\gamma} + \alpha\left(\frac{\gamma - 1}{\gamma}\right) \left(\frac 1 r - \frac 1 R\right)\right]^{\frac {\gamma}{\gamma - 1}}

Da cui abbiamo ricavato come varia la pressione atmosferica al variare dell’altitudine. L’atmosfera continua ad esistere solo fin quando l’argomento dentro la radice rimane positivo.

  \displaystyle  P_0^\frac{\gamma - 1}{\gamma} + \alpha \left(\frac{\gamma -1}{\gamma}\right) \left(\frac {1}{R_{max}} - \frac 1 R\right) = 0

  \displaystyle  \frac 1 R_{max} = \frac 1 R - \frac{\gamma P_0^\frac{\gamma - 1}{\gamma}}{\alpha(\gamma - 1)}

  \displaystyle  R_{max} = \frac{R \alpha (\gamma - 1)}{\alpha(\gamma - 1) - \gamma R P_0^\frac{\gamma - 1}{\gamma}}

Bisogna solo determinare la costante \alpha; ricordiamo come l’abbiamo definita:

  \displaystyle \alpha = Gm M C^\frac 1 \gamma

C può essere determinato unendo la legge dell’adiabatica con quella del gas perfetto:

  \displaystyle  C\cdot P(r) =\left(\frac{dN}{4\pi r^2 dr}\right)^\gamma \qquad P(r) = \frac{dN}{4\pi r^2 dr} k_b T(r)

  \displaystyle  C\cdot P(r) = \left[ \frac{P(r)}{k_b T(r)}\right]^\gamma

  \displaystyle   C = \frac{P(r)^{\gamma - 1}}{k_b^\gamma T(r)^\gamma}

Poiché questa relazione vale per qualunque valore di r sfruttiamola per r pari al raggio terrestre, dove la temperatura è quella dell’ambiente (circa 300 K che corrispondono a 27 gradi celsius).

  \displaystyle  C= \frac{P_0^{\gamma - 1}}{k_b^\gamma T_0^\gamma}

Dalla relazione precedente inoltre si può ricavare facilmente anche l’andamento in temperatura in funzione della distanza.

  \displaystyle k_b T(r) = \frac{1}{C^\frac 1\gamma} P(r)^\frac{\gamma - 1}{\gamma}

  \displaystyle   T(r) = \frac{G m M_t}{\alpha k_b} \left[ P_0^\frac {\gamma - 1}{\gamma} + \alpha\left(\frac{\gamma - 1}{\gamma}\right)\left(\frac 1 r - \frac 1 R\right)\right]

  \displaystyle  \alpha = \frac{G m M_t}{k_b T_0} P_0^\frac{\gamma - 1}{\gamma}

  \displaystyle T(r) = T_0 + \frac{G m M_t}{k_b}\left(\frac{\gamma - 1}{\gamma}\right)\left(\frac 1 r - \frac 1 R\right)

  \displaystyle   P(r) = P_0\left[1 + \frac{G m M_t}{k_bT_0}\left(\frac{\gamma - 1}{\gamma}\right)\left(\frac 1 r - \frac{1}{R}\right)\right]^{\frac{\gamma}{\gamma - 1}}

Da cui possiamo ricavare nuovamente la formula per R_{max} imponendo che l’atmosfera cessi di esistere a quando la temperatura diventa dello zero assoluto.

  \displaystyle  \frac{1}{R_{max}} = \frac 1 R - \frac{\gamma k_b T_0}{G m M_t(\gamma - 1)}

  \displaystyle  R_{max} = \frac{G m M_t R (\gamma - 1)}{G m M_t (\gamma - 1) - \gamma k_b T_0R}

  \displaystyle  R_{max} = R\left[\frac{G m M_t(\gamma - 1)}{G m M_t (\gamma - 1) - \gamma k_b T_0R}\right]

Vediamo che esiste una condizione per cui l’atmosfera non può più essere contenuta entro un raggio massimo, e quindi fugge via dal pianeta, lasciandolo
arido e deserto:

  \displaystyle  G m M_t(\gamma - 1) \ge \gamma k_b T_0 R

Se la disuguaglianza è soddisfatta l’atmosfera può esistere.
Cioè esiste un rapporto tra massa del pianeta e temperatura sulla sua superficie che è critico per la formazione di un atmosfera:

  \displaystyle  \frac{M_t}{T_0} \ge \frac{\gamma k_bR }{G m M_t(\gamma- 1)}

Sostituendo i dati della terra si può vedere facilmente che questo limite è rispettato abbondantemente!

  \displaystyle  M_t = 6\cdot 10^{24}\mbox{ Kg} \qquad k_b = 1.38\cdot 10^{-23}\,\frac{J}{K}\qquad G= 6.67\cdot 10^{-11}\;\frac{J m}{Kg^2}

  \displaystyle  R = 6.6\cdot 10^6\mbox{ m} \qquad m = 4.4 \cdot 10^{-26}\mbox{ Kg}\qquad \gamma = 1.4

Dove abbiamo considerato l’atmosfera interamente composta da molecole di azoto biatomiche (che compongono la maggioranza dell’atmosfera).

Insomma per far fuggire l’atmosfera terrestre un cattivo dovrebbe riscaldarla fino a temperature molto maggiori della temperatura del nucleo del sole! Be direi che se qualcuno riuscisse a fare una bomba così potente, la fuga dell’atmosfera sarebbe l’ultimo dei nostri problemi.

Questo modello è in realtà estremamente semplicistico per descrivere l’atmosfera terrestre per via dell’ipotesi di adiabaticità. La temperatura è descritta correttamente entro una distanza dalla superficie terrestre pari ai primi 15 chilometri di altezza, mentre la pressione è predetta correttamente anche per altezze superiori.

Oltre queste altezza diventano determinanti effetti di riscaldamento atmosferico per l’assorbimento delle radiazioni provenienti dal sole e dallo spazio, che non
abbiamo considerato.

Questo calcolo predice un’atmosfera alta 36 circa km per la terra, che è proprio l’altezza dell’ozono.

In seguito sono mostrati i dati sperimentali ottenuti con un pallone aereostatico per la temperatura, confrontati con le predizioni del modello:
Pressione

Andamento della temperatura predetto dal modello, confrontato con dei dati sperimentali ottenuti attraverso un pallone aereostatico: il National Weather Service Balloon Sounding from Riverton, Wyoming 12Z, 20 Agosto 2001.

Andamento della temperatura predetto dal modello, confrontato con dei dati sperimentali ottenuti attraverso un pallone aereostatico. I dati NON sono fittati, ma è riportata in rosso la previsione teorica esatta.

I dati originali sono disponibile sul sito web Exploring Earth.

Andamento di pressione, densità, temperatura e velocità del suono nell'atmosfera. Tratto da Wikipedia.

Andamento di pressione, densità, temperatura e velocità del suono nell’atmosfera.
Tratto da Wikipedia.
By CmgleeOwn work, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=17311330

Come mostrato, anche un modellino semplice come questo è in grado di fare previsioni estremamente accurate riguardo all’atmosfera terrestre.

Appare un caldo torrido selvatico

Estate usa afa. È superefficacie. Uomo diventa pigro. L’uomo usa ventilatore.
K.O. in un attacco. Estate è esausto.

 

Non tutti possiamo richiamare un lapras per rinfrescarci

Non tutti possiamo richiamare un Lapras per rinfrescarci

Il ventilatore è uno dei più semplici oggetti che abbiamo per sconfiggere il caldo torrido di fine Luglio. Un’arma efficacie… con dei difetti.

Un pizzico di magia della fisica può aiutarci a capire i suoi limiti, a come sfruttarlo al meglio per evitare di soccombere al caldo nemico.

Descriviamo in che modo il ventilatore sposta l’aria.

Il ventilatore può essere schematizzato come una forza che agisce impulsivamente sulle molecole d’aria, imprimendole un impulso F_0 istantaneo.
L’energia potenziale associata alla spinta del ventilatore è:

  \displaystyle  V(x, t) = -xF_0\delta(t)

Infatti la forza che il ventilatore imprime sulle molecole è:

  \displaystyle  F(t) = -\frac{dV}{dx} = F_0\delta(t)

L’energia totale del gas diventa:

  \displaystyle  E = E_0 - x F_0 \delta(t)

Dove il termine E_0 è l’energia del sistema a riposo.
Possiamo trattare la forza impulsiva come una perturbazione rispetto all’energia totale a riposo del sistema, suddividendo la hamiltoniana in due termini:

  \displaystyle  H = H_0 - x F_0 \delta(t)

Siamo interessati a capire quale sarà la velocità della particella ad una certa distanza x dal ventilatore.
Vogliamo studiare come cambia la velocità media dell’aria in presenza della perturbazione.
Usiamo la teoria della risposta lineare.

  \displaystyle  \left< v(t)\right> = \int_{-\infty}^t \chi(t - t')\delta(t')dt'

La media termica della velocità in presenza della perturbazione è pari alla convoluzione della funzione \chi (detta funzione di risposta) e dell’andamento in tempo della perturbazione (la delta di Dirac). Possiamo riscrivere la relazione sfruttando le proprietà della delta di Dirac.

  \displaystyle  \left<v(t)\right> = \chi(t)

La formula di Kubo classica ci permette di calcolare la funzione di risposta.

  \displaystyle  \chi_{AB}(t) = \frac{1}{k_bT} \left< \frac{dA}{dt} B\right>_0

Dove A è la perturbazione (il ventilatore) e B è la grandezza che vogliamo studiare:

  \displaystyle  A = xF_0 \qquad B = v(t)

  \displaystyle  \frac{dA}{dt} = F_0 v

Sostituiamo questi risultati nella formula di Kubo.

  \displaystyle  \left<v(t)\right> = \frac{F_0}{k_b T} \left<v(t)v(0)\right>_0

La velocità media dell’aria dopo un tempo t è proporzionale alla funzione di autocorrelazione della velocità in assenza di perturbazione.

Dobbiamo calcolare la funzione di autocorrelazione della velocità. Il modello di Langevin per l’aria descrive correttamente il moto Browniano.
Ciascuna molecola di aria rispetta l’equazione di Langevin (il puntino indica la derivata temporale):

  \displaystyle  m\dot v = -m\xi v + R(t)

Questa equazione è la legge della dinamica di Newton: a sinistra c’è la massa per l’accelerazione (m\dot v), a destra le forze che agiscono sulle particelle; una forza di tipo viscoso (-m\xi v) e una forza browniana R(t), che descrive gli urti casuali con le altre molecole.
L’aria non è un gas denso, possiamo supporre il termine di viscosità \xi indipendente dal tempo (gli urti non sono correlati tra loro) e la R(t) delta correlata:

  \displaystyle  \left<R(t)x(t_1)\right> = \left<R(t)v(t_1)\right> = 0

  \displaystyle  \left<R(t_1)R(t_2)\right> = 2\pi R_0\delta(t_2 - t_1)

Risolviamo l’equazione di Langevin utilizzando il metodo della variazione delle costanti.
Scegliamo una soluzione del tipo:

  \displaystyle  v(t) = u(t) e^{-\Gamma t}

  \displaystyle  \dot v(t) = \dot u(t)e^{-\Gamma t} - \Gamma u(t)e^{-\Gamma t}

Sostituendo nell’equazione di Langevin otteniamo:

  \displaystyle  m \dot u(t) e^{-\Gamma t} - m\Gamma u(t) e^{-\Gamma t} = -m \xi u(t)e^{-\Gamma t} + R(t)

Da questa equazione riconosciamo che

  \displaystyle  \Gamma = \xi

  \displaystyle  \dot u(t) e^{-\xi t} = \frac{1}{m}R(t)

  \displaystyle  u(t) = u(0) + \frac{1}{m}\int_0^t R(t') e^{\xi t'}dt'

Da cui otteniamo la soluzione:

  \displaystyle  v(t) = u(0)e^{-\xi t} + \frac{1}{m}\int_0^t R(t')e^{-\xi(t - t')} \qquad v(0) = u(0)

Ora possiamo ricavare la funzione di autocorrelazione della velocità

  \displaystyle  \left<v(t)v(0)\right> = \left<v(0)v(0)\right>e^{-\xi t} + \frac{1}{m}\int_0^t\left<R(t') v(0)\right>e^{-\xi(t - t')}

Il secondo termine è nullo (le forze browniane non sono correlate alla velocità delle molecole).

  \displaystyle  \left<v(t)v(0)\right> = \left<v_x^2\right>e^{-\xi t}

Il valore atteso della velocità lungo la direzione in cui spara il condizionatore può essere calcolato con il teorema di equipartizione dell’energia:

  \displaystyle  \left<v_x^2\right> = \frac 1 3 \left<v^2\right> \qquad \frac 1 2 m \left<v^2\right> = \frac 1 2 k_b T

Da cui:

  \displaystyle  \left<v_x^2\right> = \frac{k_b T}{3 m}

  \displaystyle  \chi(t) = \left<v(t)v(0)\right> = \frac{k_b T}{3m} e^{-\xi t}

Ora conosciamo la funzione di risposta del sistema:

  \displaystyle  \left<\Delta v(t)\right> = \frac{F_0}{3m} e^{-\xi t}

Questa relazione ci dice la velocità media delle molecole al tempo t dopo aver colpito le pale del ventilatore.
In realtà siamo interessati a sapere la velocità dell’aria in funzione della distanza dal ventilatore.
Calcoliamo a che distanza arriva la molecola dopo un tempo t.

  \displaystyle  x(t) = x(0) + \int_0^t v(t')dt'

  \displaystyle  x(t) = x(0) + \int_0^t \frac{F_0}{3m} e^{-\xi t} = x(0) + \frac{F_0}{3m\xi} (1 - e^{-\xi t})

Mettiamoci nel sistema di riferimento x(0) = 0.

  \displaystyle  x(t) = \frac{F_0}{3m\xi} (1 - e^{-\xi t})

Questo ci dice che esiste una distanza massima raggiunta dall’aria messa in moto dalle pale:

  \displaystyle  \lim_{t\rightarrow\infty}x(t) = \frac{F_0}{3m\xi}

Eccolo qui il difetto! Esiste una distanza dal ventilatore per cui l’aria si ferma del tutto. Se ci troviamo più lontano (bastano in genere di pochi metri) diventa completamente inutile.

Se ci troviamo più vicino?

  \displaystyle  \frac{3m x}{F_0} = 1 - e^{-\xi t}

  \displaystyle  e^{-\xi t} = 1 - \frac{3mx}{F_0}

  \displaystyle  t = -\frac 1 \xi \ln\left(1 - \frac{3mx}{F_0}\right)

  \displaystyle  \left<\Delta v(x)\right> = \frac{F_0}{3m}\left(1 - \frac{3mx}{F_0}\right)

  \displaystyle  \left<\Delta v(x)\right> = \frac{F_0}{3m} - x\xi

Questa è la velocità dell’aria in funzione della distanza.
È zero per distanze maggiori di F_0/3m\xi, decresce linearmente per distanze minori.

Oltre quella distanza non ci raggiunge neanche il più flebile filo d’aria. Il raggio di azione di un ventilatore è molto limitato, inoltre la sua efficacia diminuisce bruscamente all’aumentare della distanza.

Se vogliamo usarlo in una stanza grande non abbiamo scampo:
Uomo usa ventilatore, ventilatore non ha effetto su afa, uomo è esausto.
Afa vince la battaglia.

Per ricevere un po' di arietta fresca dal ventilatore è necessario stargli più vicino del suo range massimo.

Per ricevere un po’ di arietta fresca dal ventilatore è necessario stargli più vicino del suo range massimo.

Lotta per la sopravvivenza

Il ciclo della vita.

La dinamica degli ecosistemi è uno degli argomenti più interessanti, in cui la fisica può essere applicata con successo per studiare l’evoluzione delle popolazioni di prede e predatori.

 

Supponiamo che nel nostro ecosistema ci siano solo due specie in lotta per la sopravvivenza: i pesci (le prede) e gli squali (i predatori).

I pesci hanno a disposizione risorse di cibo praticamente illimitate, se lasciate proliferare si moltiplicano molto rapidamente.

Viceversa gli scquali si cibano solo di pesci, la loro fonte di cibo è quindi molto più scarseggiante, e una sovrappopolazione di predatori causera la loro estinzione per mancanza di cibo. Con una simpatica simulazione è possibile visualizzare la dinamica.

In questa simulazione i quadratini verdi rappresentano i pesci, che si moltiplicano rapidamente, in rosso gli squali, se mangiano pesci si riproducono, altrimenti muoino. Ecco qui un video simpatico che mostra questo ecosistema in azione:

Come si può osservare in numero di pesci e squali aumenta e dinimuisce periodicamente. Se riportiamo su un grafico il numero di prede e quello di predatori notiamo molto bene questo comportamento:

 

Prede e predatori

Prede e predatori

La fisica può descrivere questo tipo di ecosistemi? Si!
Il numero di pesci all’interno del reticolo lo indichiamo con n, il numero di scquali con u.

Scriviamo un’equazione che descriva il comportamento medio di squali e pesci: la probabilità di un pesce di generare un figlio è costante (\alpha), mentre la probabilità che venga mangiata è proporzionale alla probabilità che nei paraggi ci sia uno squalo (\beta).

 
  \displaystyle  \dot n = n\left(\alpha - \beta u\right)
 
Allo stesso modo la probabilità di uno squalo di generare un figlio è tanto maggiore quanto più alta è la probabilità di incrociare un pesce (\gamma), ma hanno una probabilità costante di morire (\delta):

  \displaystyle  \dot u = u\left(\gamma n - \delta\right)
 
Queste equazioni (dette di Lotka-Volterra in onore dei due matematici che le formularono per primi) non hanno soluzione analitica, tuttavia con un cambio di variabili possiamo riscriverle in modo da poterne dare un’interpretazione fisica:
 
  \displaystyle p = \ln n \qquad q = \ln u

  \displaystyle \dot p = \frac{\dot n}{n} \qquad \dot q = \frac{\dot u}{u}
 

Con questa sostituzione il sistema di equazioni che descrive il comportamento medio dei nostri “pesciolini” è:
 
  \displaystyle \left\{\begin{array}{l}  \dot p = \alpha - \beta e^q \\  \dot q = \gamma e^p - \delta  \end{array}\right.
 

Queste due equazioni differenziali adesso descrivono un sistema hamiltoniano canonico:
 
  \displaystyle \left\{\begin{array}{l}  \displaystyle  \dot p = -\frac{\partial H}{\partial q}\\  \\  \displaystyle  \dot q = \frac{\partial H}{\partial p}  \end{array}\right.
 

Si può facilmente ricavare l’hamiltoniana di questo sistema:
 
  \displaystyle  H = -\alpha q -\delta p + \beta e^q + \gamma e^p
 

Quindi è possibile definire un “energia” dell’ecosistema, che è in media conservata (ricordiamoci che le equazioni che abbiamo scritto valgono in media, non tengono conto di piccole fluttuazioni locali della popolazione).
Risostituendo le variabili originali otteniamo che l’energia del sistema é:
 
  \displaystyle  H = \beta u + \gamma n - \alpha \ln u - \delta \ln n
 
Se il numero di pesci e squali è molto alto questo implica che la loro somma, pesata sui coefficienti \beta e \gamma si conserva.

\beta era la probabilità che, data un interazione tra preda e predatore, la preda muoia, mentre \gamma è la probabilità che, data un’interazione tra predatore abbia il sopravvento e quanto questa interazione sia favorevole alla sua procreazione.

Se dividiamo tutto per \beta otteniamo:
  \displaystyle  H' \approx u + \frac{\gamma}{\beta} n

Dove adesso \frac{\gamma}{\beta} è un coefficiente che tiene conto di quanto influenza il cibarsi dei predatori sulla loro crescita. La condizione \gamma = \beta vuol dire che ogni volta che un predatore acchiappa la preda, fa anche un figlio.

Questa condizione tuttavia è molto difficile da raggiungere in pratica, ecco la stima dei parametri per
una delle simulazioni effettuate:
 

  \displaystyle  \omega = \frac{\gamma}{\beta} \qquad \xi =  \frac{\alpha}{\beta} \qquad \zeta = \frac{\delta}{\beta}
 

I valori ottenuti numericamente dalla simulazione sono:
  \displaystyle  \omega \approx 0.29 \qquad \xi \approx 0.36 \qquad \zeta \approx 0.069

Come si può vedere il modello di Lotka-Volterra descrive molto bene l’andamento che è stato misurato.
Conservazione

Oscillatore superarmonico

DomandaCosa hanno in comune un bambino che gioca sull’altalena, una molecola di ossigeno e un matto che fa Bungee Jumping?

Tutti e tre oscillano. La capacità di un sistema fisico di oscillare è una caratteristica molto comune. Ciascuno dei tre esempi risente di forze molto diverse tra loro.
L’altalena del bambino si muove grazie alla forza peso e alla reazione vincolare della catena a cui è sospesa, la molecola di ossigeno vibra a causa del legame coovalente che unisce i due atomi, e il matto che si butta da un ponte con il suo elastico da Bungee Jumping oscilla sotto l’azione combinata della forza di gravità e l’elastico a cui è appeso.

Quando le oscillazioni sono abbastanza piccole, una sola legge fisica accomuna tutti questi moti così diversi tra loro: l’oscillatore armonico. Qualche scienziato afferma addirittura che tutta la fisica si possa ricondurre all’oscillatore armonico.

 

Ma è davvero così?

 

Esaminiamo una forza di richiamo super elastica, di tipo:
   \displaystyle F = -kx^3

Dalla seconda legge della dinamica possiamo ricavare un’equazione che descrive correttamente il moto di un punto materiale soggetto a questa forza:
   \displaystyle F = ma = -kx^3

   \displaystyle m\ddot x = -kx^3

Dove con \ddot x abbiamo indicato la derivata seconda della posizione fatta rispetto al tempo due volte.

Questa equazione differenziale non ammette soluzione analitica. Questa forza è conservativa, e l’energia potenziale è:
   \displaystyle V(x) = \frac{1}{4} k x^4

Il profilo è mostrato in questa figura:

PotenzialeSuperarmonico

 

Se proviamo ad approssimare questo profilo con un potenziale armonico otteniamo una spiacevole sorpresa. Infatti il potenziale superarmonico non è approssimabile con nessun polininomio apparte se stesso. Questo è un esempio di sistema fisico oscillante che non è riconducibile ad un oscillatore armonico!

Non solo non siamo in grado di risolvere l’equazione differenziale che lo definisce, ma per questo potenziale è impossibile tentare un qualsiasi approccio di tipo perturbativo, poiché il più piccolo termine perturbativo non nullo è l’intera forza.

Ci dobbiamo arrendere di fronte a tali difficoltà? Siccome siamo fisici e non matematici, possiamo sfruttare le proprietà fisiche di questo sistema per capirci qualcosa.

Sappiamo che la soluzione di questo potenziale sarà un oscillatore, e vogliamo chiederci quale sia il suo periodo. In generale questo sarà funzione degli unici parametri che compaiono nell’equazione differenziale, e delle condizioni inziali, che qui riassumiamo nella variabile x_0 che rappresenta l’ampiezza di oscillazione:
   \displaystyle T = f(m, k, x_0)

Questa funzione la possiamo spezzare in due parti, una che determinerà la dimensione fisica del periodo (i secondi) e una adimensionale che dipenderà dal dettaglio matematico della soluzione:
   \displaystyle T = m^\alpha k^\beta x_0^\gamma C(m, k, x_0)

Dall’equazione differenziale di partenza possiamo ottenere le dimensioni dei parametri:
   \displaystyle m = [Kg] \qquad k = [\frac{N}{m^3}] = [\frac{Kg}{m^2 s}] \qquad x_0 = [m]

Imponiamo che il periodo di oscillazione si misuri in secondi:

   \displaystyle [s] = [Kg]^\alpha [\frac{Kg}{m^2 s^2}]^\beta [m]^\gamma

Da cui otteniamo il sistema per i coefficienti:

   \displaystyle\left\{\begin{array}{l}   \alpha + \beta = 0 \\   -2\beta + \gamma = 0 \\   -2\beta = 1   \end{array}\right.

Che può essere risolto facilmente:

   \displaystyle \beta = -\frac{1}{2} \qquad \alpha = \frac{1}{2} \qquad \gamma = -1

Da cui abbiamo trovato la dipendenza dimensionale per il periodo:

   \displaystyle T = \frac{1}{x_0}\sqrt{\frac{m}{k}} C(m, k, x_0)

Perché il termine adimensionale sia realmente funzione di quei parametri occorre che ci sia un modo per combinarli in modo da ottenere un risultato adimensionale. Ripetiamo quindi questa prova:

   \displaystyle0 = [Kg]^\alpha [\frac{Kg}{m^2 s^2}]^\beta [m]^\gamma

Da cui otteniamo il sistema:

   \displaystyle\left\{\begin{array}{l}   \alpha + \beta = 0 \\   -2\beta + \gamma = 0 \\   -2\beta = 0   \end{array}\right.

Questo sistema ammette solo la soluzione:
   \displaystyle\alpha = 0 \qquad \beta = 0 \qquad \gamma = 0

Abbiamo dimostrato che il termine C non può dipendere da nessun parametro, è quindi una costante. Da sole considerazioni di tipo dimensionale abbiamo ricavato la formula del periodo dell’oscillatore superarmonico, senza sapere nulla sulla soluzione matematica!

   \displaystyle T = C\frac{1}{x_0}\sqrt{\frac{m}{k}}

Adesso il valore numerico di può essere valutato risolvendo numericamente l’equazione differenziale con qualunque set di parametri iniziale e valutando il periodo numericamente.

Riportiamo in figura la soluzione numerica:

IntegrazioneNumericaDa cui si ottiene una stima di C pari a:

   \displaystyle C \approx 7.42

Dalla figura dell’integrale numerico si vede che rispetto al moto armonico i potenziali superarmonici tendono ad avere una traiettoria più spigolosa, che assomiglia ad un segnale triangolare. Questo perché la potenza superarmonica tende ad appiattire il potenziale (n pari):
   \displaystyle V = \frac{1}{n}kx^{n}\qquad \stackrel{n \rightarrow \infty}{\longrightarrow}\qquad \left\{\begin{array}{lr} \infty & x < -x_0 \mbox{ o } x > x_0 \\ 0 & x \in [-x_0,x_0] \end{array}\right.

Il potenziale assomiglia sempre più ad una buca infinita per n che cresce. All’interno della buca l’oggetto non è più soggetto a forze e tenderà a muoversi di moto rettilineo uniforme, e rimbalzando sulle pareti.

Possiamo calcolare facilmente il periodo per n \rightarrow \infty. Calcoliamo la velocità a cui si muove dentro la buca:
   \displaystyle\frac{1}{2}mv^2 = \frac{1}{n}kx_0^{n}

   \displaystyle v = \sqrt{\frac{2k x_0^n}{n m}}   \qquad   T= \frac{4x_0}{v}

Calcoliamo il periodo usando la legge del moto rettilineo uniforme:

   \displaystyle   T \stackrel{n\rightarrow\infty}{\longrightarrow} 4 \sqrt{\frac{nm}{2k}} x_0^{1 - \frac{n}{2}}

Per il caso che abbiamo trattato (n=4) la costante C approssimata ha un valore di 5.66, neanche troppo distante dal valore reale pari a 7.4. Questo è uno sviluppo corretto per grandi valori di n.

Ad esempio per n = 50 il valore di C stimato da questa relazione è 20.0, quello reale è 20.5. Riportiamo in figura il risultato dell’integrazione per n = 50:

PotenzialeTriangolare

 

Esiste un altro modo interessante per ottenere un espressione analitica di C nel caso n = 4.
Sfruttiamo la conservazione dell’energia meccanica:

   \displaystyle\frac{1}{2}mv^2 + \frac{1}{4}kx^4 = E      \displaystyle v = \sqrt{\frac{2}{m}\left(E - \frac{1}{4}kx^4\right)}

Questa è un altra equazione differenziale. Se ricordiamo che mezzo periodo è il tempo che il nostro oscillatore impiega per spostarsi dalla posizione -x_0 alla posizione x_0 possiamo integrare tutto quanto e ottenere:

   \displaystyle\int_{x_0}^{-x_0} \frac{dx}{\sqrt{\frac{2}{m}\left(E - \frac{1}{4}kx^4\right)}} = \int_0^{\frac{T}{2}}dt      \displaystyle \frac{T}{2} = \sqrt{\frac{m}{2}}\int_{-x_0}^{x_0} \frac{dx}{\sqrt{E - \frac{1}{4}kx^4}}

Ora l’energia totale E del sistema è pari all’energia potenziale superarmonica che l’oscillatore ha nel punto di massima ampiezza:

   \displaystyle E = \frac{1}{4}kx_0^4

 

   \displaystyle T = 2\sqrt{\frac{m}{2}}\frac{2}{x_0^2\sqrt{k}}\int_{-x_0}^{x_0} \frac{dx}{\sqrt{1 - \left(\frac{x}{x_0}\right)^4}}

Per rendere adimensionale l’integrale e ricavare il parametro dobbiamo effettuare il seguente cambiamento di variabili per l’integrale

   \displaystyle \xi = \frac{x}{x_0} \qquad dx = x_0d\xi

 

   \displaystyle T = \frac{1}{x_0}\sqrt{\frac{m}{k}}\sqrt{8} \int_{-1}^1 \frac{d\xi}{\sqrt{1 - \xi^4}}

 

Abbiamo trovato un’espressione analitica per il termine C costante adimensionale nell’espressione del periodo:

   \displaystyle T = \frac{1}{x_0}\sqrt{\frac{m}{k}} C

Questo termine può essere integrato numericamente:

   \displaystyle C = \sqrt{8} \int_{-1}^1 \frac{d\xi}{\sqrt{1 - \xi^4}} \approx 7.42

In accordo con quanto ricavato risolvendo numericamente l’equazione differenziale.

 

 

 

Corsa sotto l’acquazzone

Quante volte ti è capitato di trovarti per strada senza ombrello mentre scoppia un acquazzone? Ti sei mai chiesto a che velocità conviene correre per bagnarsi il meno possibile?
Da un lato se cammini l’acqua ti colpisce solo in testa, per cui prendi meno goccie, se corri invece ti si bagna tutto il corpo, d’altra parte correre riduce il tempo in cui ti trovi sotto la pioggia…
Cosa conviene fare?
Con qualche semplice calcolo di fisica possiamo rispondere a questa domanda:

Volgiamo calcolare quanto si bagna un corpo che si muove con velocità v sotto la pioggia.
Chiamiamo \Phi il flusso di acqua che cade dal cielo, t il tempo che restiamo in balia della pioggia e \Sigma la superficie del nostro corpo esposta alle goccie d’acqua, il volume d’acqua che ci colpirà durante l’attraversata sarà:
 B = \Phi\Sigma t
Il tempo t che restiamo sotto la pioggia possiamo calcolarlo con la legge del moto rettilineo uniforme:
t = \frac d v
Dove d è la distanza che ci separa dalla meta. La superficie esposta del nostro corpo dipende dall’angolo con cui le goccie
cadono:
\Sigma = S_c\sin\theta + S_t\cos\theta
Come si vede dalla figura seguente:

Pioggia

Dove S_c è la superficie della parte frontale del nostro corpo, S_t è la superficie della testa, vista dall’alto,
approssimiamo S_c \gg S_t.

Anche il flusso d’acqua tuttavia ha una dipendenza dalla nostra velocità: infatti se immaginiamo di volare verso la pioggia in alto,  la quantità d’acqua che ci urterà a parità di tempo sarà maggiore rispetto ad un osservatore fermo. Quindi esplicitiamo meglio il flusso di pioggia in funzione della velocità delle goccioline:

\Phi = n \frac{4}{3}\pi r^3 v_p
Dove n è la densità delle goccie di pioggia per unità di volume, r è il raggio della goccia di pioggia e vp è la velocità di caduta delle goccioline, se volgiamo il nuovo flusso di pioggia quando corriamo sotto la pioggia, otteniamo:
\Phi' = \Phi \frac {v'}{v_p}
Dove v’ è la velocità della pioggia nel nostro sistema di riferimento. Siccome non siamo in uno space shuttle per trovare v’ bastano
le trasformazioni di Galileo:
v' = \sqrt{v^2 + v_p^2}
\Phi' = \Phi\sqrt{1 + \frac {v^2}{v_p^2}}

Unendo tutto otteniamo:
B = \Phi\sqrt {1 + \frac{v^2}{v_p^2}}\frac d v \left(S_c\sin\theta + S_t\cos\theta\right)
Esplicitiamo la dipendenza di \theta dalla velocità v della persona:
\sin\theta = \frac{v}{\sqrt{v^2 + v_p^2}} \qquad \cos\theta = \frac{v_p}{\sqrt{v^2 + v_p^2}}

B = \Phi\sqrt{1 + \frac{v^2}{v_p^2}}\frac d v \frac{S_cv + S_t v_p}{\sqrt{v^2 + v_p^2}}

L’unico termine incognito è la velocità della goccia di pioggia. Questa in caduta libera nell’aria sarà soggetta a tre forze principali,
la forza peso che la spinge verso il basso, la forza di attrito viscoso che la rallenta e la forza di archimede. Il rapporto d’intensità
tra forza peso e forza di archimede è pari al rapporto tra densità dell’acqua e densità dell’aria, che per temperature tra zero e venti gradi
(temperature tipiche degli strati più bassi dell’atmosfera durante un acquazzone) è circa 1 su 1000, possiamo quindi tranquillamente ignorare
il contributo apportato dalla forza di archimende.

La velocità di regime si ottiene quindi uguagliando forza di attrito viscoso con la forza peso, supponendo laminare il moto delle goccie di pioggia nell’aria:
6\pi\eta r v_p = mg = \frac 4 3 \pi r^3 \rho_{H_2O}g
Da cui otteniamo:
v_p = \frac 2 9 \frac {\rho r^2 g}{\eta}
Il raggio di una goccia di pioggia dipende dal tipo di temporale, è varia in tra 0.1 mm (pioggerella lieve) e i 2 mm (Acquazzone pesante).

Tornando all’espressione per B (volume d’acqua che ci colpisce durante la nostra “passeggiata”), è conveniente esprimere tutto con il rapporto tra v e vp:
B = \Phi d \frac {v_p}{vv_p}\left(S_c\frac {v}{v_p} + S_t\right)
Definendo la variabile x
x = \frac {v}{v_p}

Si ottiene:
B = \frac{\Phi d}{v_p}\;\frac{S_c x + S_t}{x}
B = \frac{9\Phi d\eta}{2\rho_{H_2O} r^2 g}\;\frac{S_c x + S_t}{x}
Per x>0 questa è una curva sempre positiva, monotona decrescente, non presenta minimi, come si può facilmente verificare facendone la derivata:
\frac{\partial B}{\partial t} = -\frac{9\Phi d\eta}{2\rho_{H_2O}r^2 g}\;\frac{S_t}{x^2}
Che non si annulla per nessun valore di x.

 

Mannaggia, non esiste una velocità alla quale conviene correre per bagnarsi il meno possibile,
tuttavia poiché la curva è monotona decrescente, più si aumenta la velocità, meno ci si bagna. Esiste però un valore asintotico, quindi
un valore minimo di acqua, che anche correndo alla velocità della luce, ci prendiamo ugualmente:
\lim_{x\rightarrow \infty}B(x) = \frac{9\Phi d \eta}{2\rho_{H_2O}r^2g}S_c = B_{min}
Definendo il fattore di inzuppamento di un temporale come la quantità I = B/d, possiamo classificare i temporali in base a quanti
litri d’acqua ci colpiscono come minimo per ogni metro che percorriamo!
I = \frac{B_{min}}{d}= \frac{9\Phi \eta}{2\rho_{H_2O}r^2g}S_c
Considerando una persona di statura media (alto 1.8 metri) e in sovrappeso (largo 0.5 metri), otteniamo un ordine di grandezza ragionevole
per S_c:
S_c \approx 0.9 m^2
Ricordiamo inoltre che il flusso di pioggia \Phi dipende dalle dimensioni delle goccie e dalla loro rapidità:
\Phi = n\frac{4}{3}\pi r^3 v_p
Esplicitando anche la dipendenza di vp dal raggio vediamo che \Phi ed r non sono grandezze indipendenti:
\Phi = n\frac{8 \pi\rho g r^5}{27\eta}

Non sappiamo dire se n ed r siano grandezze indipendenti, probabilmente non lo sono, tuttavia per fare un ragionamento per ordini di grandezze supponiamo che n (numero delle goccie di pioggia per unità di volume) sia costante per i vari acquazzoni:
\Phi \propto r^5

Per fare un ragionamento usando gli ordini di grandezza supponiamo che tutto l’aumento di \Phi sia dovuto ad aumento di r, da questo
possiamo, fissati \Phi ed r per la pioggerellina lieve, ricavare tutti i valori di $r$ per gli altri tipi di pioggia noto \Phi.
In seguito è riportata una tabella con i valori del fattore d’inzuppamento per le varie tipologie di pioggia:

tabella

Vediamo come varia il fattore di inzuppamento se consideriamo invece velocità umane, per questo viene riportato un grafico del
fattore di inzuppamento al variare della nostra velocità, usando i dati relativi alle diverse tipologie di temporale.

DifferentiPioggie

Esiste tuttavia come si vede una velocità a cui conviene correre indipendentemente dal tipo di nubifragio, infatti come mostrato nei grafici rinormalizzati, hanno tutti la stessa forma funzionale, e differiscono praticamente solo per costanti moltiplicative.

Rinormalizzato

Insomma, conviene sempre correre alla velocità di 4-5 metri al secondo (intorno ai 20 km/h), per ridurre l’inzuppata!

Verso l’infinito e oltre, i neutrini superano la velocità della luce!

Intervista esclusiva a Piero Monacelli

OPERA l’esperimento italiano rivela che i neutrini viaggiano più veloci della luce. Adesso bisogna riscrivere la fisica.

L’esperimento OPERA (Oscillation Project with Emulsion-t Racking Apparatus) è frutto della collaborazione tra i laboratori del Gran Sasso (INFN) e il CERN di Ginevra, dove viene prodotto un fascio di neutrini muonici e sparato in direzione dei laboratori del Gran Sasso. Lo scopo principale dell’esperimento era quello di verificare la capacità dei neutrini di “oscillare” cioè di cambiare “tipo”. Al CERN vengono prodotti neutrini μ, al Gran Sasso si sarebbero dovuti identificare nel fascio i Neutrini τ.

Finora l’esperimento ha rivelato un solo evento significativo, all’interno del fascio di neutrini μ è stato identificato un solo neutrino τ. Per questo motivo l’esperimento continua, e continuerà nel futuro a raccogliere dati. La notizia sconvolgente viene però dalla misurazione fatta da OPERA per stabilire approssimativamente la velocità dei neutrini, che essendo dotati di massa molto piccola, sarebbe dovuta essere poco al di sotto della velocità della luce in accordo con la relatività di Einstein.

Invece i dati rilevati sembrerebbero indicare che i neutrini viaggiano più veloci della luce, rivelati dagli strumenti del laboratorio del Gran Sasso con 60 ± 10 nano secondi in anticipo rispetto alla velocità della luce.

I neutrini risultano quindi essere 0.0025 % più veloci della luce, se pur di pochissimo, questo risultato è sufficiente per mandare all’aria la relatività di Einstein.

Intervista a Piero Monacelli (ex direttore dei laboratori del Gran Sasso e membro della collaborazione OPERA )


Qual’è l’obbiettivo principale di OPERA?

L’esperimento OPERA è stato progettato e realizzato per la prima verifica diretta del fenomeno delle oscillazioni dei neutrini. Un fenomeno che era stato previsto già da Montecorvo negli anni 60, famoso fisico italiano scappato clandestinamente in Russia subito dopo la guerra. Questo fenomeno è stato effettivamente verificato sperimentalmente usando i neutrini prodotti dai raggi cosmici dell’atmosfera o i neutrini provenienti dal Sole, ma mancava la conferma diretta. Questo fenomeno presuppone il fatto che i neutrini nel loro viaggio possono cambiare “tipo”, in gergo si chiama sapore.

Esistono tre tipi di neutrini diversi, se disponiamo di un fascio di neutrini di un certo tipo alcuni si trasformano in neutrini di un altro tipo. Era stato notato e misurato il fatto che i neutrini provenienti dal sole sono di meno di quelli che ci si aspetta (neutrini di tipo elettronico), non era mai stata effettuata la misura diretta dell’apparizione dei neutrini di un altro tipo rispetto a quelli del fascio.

Questo è il programma di OPERA, infatti abbiamo già rivelato in un fascio di neutrini muonici che viene prodotto al CERN di Ginevra e arriva al Gran Sasso un evento che può essere dovuto soltanto ad un neutrino diverso, il neutrino di tipo τ.

Questo dimostra che in questo fascio composto esclusivamente da neutrini μ ad un certo punto compaiono neutrini di un altro sapore, chiaramente di eventi bisognerà rilevarne più di uno. Questo è il fenomeno delle oscillazioni che è il principale programma e lo scopo per cui è stato progettato e realizzato questo esperimento che è attualmente in raccolta dati: in questo momento c’è un fascio che viene prodotto a Ginevra di neutrini che viaggia fino al Gran Sasso per 730 km.

Misurando con estrema precisione l’istante di partenza e l’istante di arrivo di questo fascio dei neutrini, che viaggia a fiotti (non è un fascio continuo), e conoscendo la distanza percorsa si può fare una misura della velocità dei neutrini.

Perché è importante determinare la velocità dei neutrini?

I neutrini sono dotati di massa piccolissima, un tempo si pensava avessero massa nulla, ma il fenomeno delle oscillazioni ha evidenziato il fatto che la massa dei neutrini non può essere nulla, ma è comunque molto piccola. All’energia di questo fascio, secondo la teoria della relatività di Einstein, la loro velocità dovrebbe arrivare a essere esattamente quella della luce, o tuttalpiù leggermente inferiore. Questa misura doveva essere una ulteriore verifica di una teoria ormai universalmente accettata, non ci si aspettava una sorpresa.

Invece la sorpresa c’è stata. Secondo questa misura, che è stata accuratamente programmata e analizzata, i neutrini arriverebbero 50, anzi 60 nanosecondi prima di quello che ci si aspetterebbe dalla luce.

Sono state già effettuate misurazioni del genere in passato?

Si, un esperimento analogo a quello di OPERA è in funzione attualmente negli Stati Uniti, al Fermi Lab. (un grosso laboratorio di fisica delle particelle a Cicago intestato a Fermi, che lavorò lì). Qui è stato fatto un fascio analogo a quello del CERN, ma a energia più bassa, casualmente alla stessa distanza circa (730 km, entro poche centinaia di metri) c’è un rivelatore sotterraneo per misurare il fenomeno delle oscillazioni. Anche loro qualche anno fa hanno pubblicato una misura, però con una precisione molto minore che non quella di OPERA, e all’interno degli errori di misura (ogni misura è affetta da una certa precisione), questa misura era compatibile con le teorie di Einstein.

La misura di OPERA, se si conferma che tutto è stato valutato in maniera corretta, dimostrerebbe che la velocità dei neutrini non sarebbe compatibile con la velocità della luce, ma leggermente superiore, anche se di non molto, di un fattore 1 o 2 su 100.000. Ma questo basterebbe per contraddire la teoria della relatività.

Quali orizzonti potrebbe aprire questa scoperta, se venisse confermata?

Questa scoperta apre una finestra in un mondo nuovo, se non è valida la teoria di Einstein bisogna trovare delle teorie che spieghino come mai i neutrini possono superare la velocità della luce.

Potrebbe aprirsi una nuova visione più approfondita, più dettagliata e più avanzata delle leggi che governano la natura e l’universo.

C’è la possibilità che questo anticipo dei neutrini sulla velocità della luce sia frutto di un errore sistematico degli strumenti di misurazione?

Ogni misura deve essere accompagnata da un attento studio degli eventuali errori, sia di tipo statistico che di tipo sistematico che possono contribuire a falsare la misura.

Non si tratta comunque di sbagli, in fisica un errore non è uno sbaglio. Ogni misura fisica deve essere accompagnata da un errore (numero, una grandezza misurata quantitativamente). Questo errore dipende in gran parte dalla precisione, accuratezza e sensibilità degli strumenti che vengono usati.

In più possono verificarsi eventuali errori sistematici dovuti alla non conoscenza di alcuni parti dell’apparato sperimentale.

Tutti questi errori sono stati attentamente valutati, però è chiaro che in fisica quando c’è un risultato completamente nuovo rispetto alle aspettative è sempre bene che questo risultato venga confermato in maniera indipendente da altri esperimenti, o che lo stesso esperimento ripeta la misura per vedere se non è stato fatto qualche errore o sottovalutato qualche effetto. È necessario a questo punto rifare la misura da parte dello stesso esperimento e da parte di nuovi esperimenti per verificarlo in maniera del tutto indipendente da OPERA.

OPERA si trova nei laboratori del Gran Sasso, è gestito da una collaborazione internazionale in cui l’Italia ha una parte dominante.

per ascoltare l’intervista cliccare qui: Intervista a Piero Monacelli